CONVEGNO DI SALERNO
“Nella precarietà, la speranza.
Educare alla speranza in un tempo di precarietà le giovani generazioni,
nella ricerca del lavoro e nel progettare la loro famiglia”
INTRODUZIONE AI LAVORI
Salerno, 24 ottobre 2014.
Carissimi
fratelli e sorelle,carissimi amici, confratelli vescovi, autorità
tutte, convegnisti attesi, sacerdoti e reverende suore così preziosi
nel mondo del lavoro, commissioni della CEI: GRAZIE della vostra presenza.
Sono
qui presenti, oggi, in questa bella e promettente città che ci ospita,
Salerno, città dalle radici antiche che ringraziamo, ben tre commissioni
episcopali: Laicato, Famiglia e Vita, Pastorale scoiale, lavoro,
giustizia, pace e creato. A tutti loro un saluto affettuoso e
cordialissimo, con un complimento alla città che ci ospita.
Nel
parlarvi, sento nel cuore tanta trepidazione, davanti ad un’assemblea
così ricca di grazia e di speranza. Sento infatti che è un momento
prezioso per la Chiesa italiana tutta, poiché oggi poter ricucire reti di speranza in un mondo dalle reti vuote è un impegno di grandissima valenza pastorale, oltre che etica e sociale ed anche politica
1.
- Il TONO con cui svolgere questo convegno credo debba essere
delicatissimo. Rispettoso, soprattutto, di quella vasta sofferenza, che
ci coinvolge tutti. Ma che tocca soprattutto i giovani nella precarietà lavorativa,
oggi così misteriosi ed insieme così forti e tenaci. Un tono delicato,
come una carezza. Non coltiviamo la presunzione di sciogliere nodi
antichi. Né falsa sicurezza di chi sa tutto. Invece, doniamo invece
tanto ascolto, molta preghiera, tanta condivisione. Con proposte serene, placide ma anche chiare e forti. Che si presentano come la brezza di Elia,
che rivela il volto di Dio nella mitezza di una presenza solidale.
Anzi, mi piace paragonare questo convegno al cammino compiuto dal servo
di Elia, invitato a scrutare il cielo chiuso e lontano, senza la pioggia
tanto attesa (1 Re18, 41-46). Subito esclama, con pessimismo: Non c’è nulla!. Non
vede nulla, come tante volte nel cuore dei nostri giovani. Non sembra
ci siano speranze. Eppure viene invitato da Elia a ritornare, ben sette
volte, con fiducia, ad insistere con costanza, con tanto cuore aperto
all’inedito di Dio. Ed ecco, finalmente, sullo sfondo dell’azzurro del
cielo, una nuvoletta, come una mano d’uomo, che sale dal mare. Nulla, apparentemente. Ma in quel fragile segno, Elia, con cuore grande, intuisce già un torrente di grazia: Subito il cielo si oscurò per le nubi e per il vento; la pioggia cadde a dirotto!”.
Ecco,
così dobbiamo fare in questi giorni: scrutare il cielo, oltre il
visibile, oltre l’ovvietà. Sentire che Dio ci chiama a dare fiducia, ad
accompagnare con cuore di madre e di maestra i nostri giovani. Un cuore
di Madre, che segue con tenerezza ed un cuore di Maestra, che parla
conchiarezza. Come ci ha suggerito ed indicato il Sinodo, con quel verbo
decisivo: accompagnare, che riassume tutto il cammino della
Chiesa oggi, in questo nostro complesso ed affascinante tempo, come lo
definiva il beato papa Paolo VI!
2. - Il
CAMMINO COMPIUTO è stato lungo, articolato. Soprattutto molto unitario.
Perché ha sviluppato un’intuizione iniziale, molto diffusa: oggi la precarietà non ha confini.
E trasversale, è coinvolgente. Aggredisce ogni realtà. E non risparmia
nessuna regione. E’ terribile quanto al Sud come al Nord. Forse, al nord
è arrivata in attesa. E ci si è trovati impreparati. Al sud, è di certo
drammaticamente più vasta, ma trova cuori forse più preparati. Certo,
più allenati a soffrire e perciò pronti a sperare.
Da
qui, la preparazione particolarmente delicata. Tante riunioni,
preziose. Soprattutto le riunioni delle tre commissioni episcopali:
laicato, famiglia e vita, lavoro. Ben fuse, con un unico grande
obiettivo: educare, accompagnare i giovani in questo tempo di precarietà, nella ricerca del lavoro e nel progettare la loro famiglia.
Potrei
usare questa bella immagine, poetica ma vera, per descrivere il cammino
compiuto e la conseguente impostazione del convegno: costruire mani che
lavorano, con un cuore che ama, dentro il petto di ogni laico! Le mani
che lavorano sono la pastorale sociale, il cuore che ama la pastorale
familiare; il petto è il sogno di ogni fedele laico. Oggi, tutte e tre
le pastorali sono qui presenti. Tutte coinvolte, tutte attive. Preziose
proprio per poter donare il meglio, aiutando la chiesa italiana ad
elaborare alla base itinerari di fedeltà e di chiarezza, con i giovani e
non solo per i giovani.
3. - Gli
OBIETTIVI del
convengo. Tre mi sembrano gli obiettivi che ci poniamo, con questo tono
di rispetto e con il cuore volto a scrutare i segni di speranza, nel
cielo e nella storia.
1. Nel labirinto della precarietà
Il primo obiettivo è quello di saper leggere con chiarezza il dramma della crisi in atto, sempre più vasta, globale. Da etica si è fatta sociale ed economica. Ne sgorga quel grido che papa Francesco, nella Evangelii gaudium ci invita ad ascoltare, nello stile della Bibbia: Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto ed ho udito il suo grido, conosco le sue sofferenze e sono sceso a liberarlo…. (Es 3,7-8.10), che si completa con il testo di san Giacomo: il salario dei lavoratori che hanno mietuto e che voi non avete pagato, grida e le proteste dei mietitori sono giunte agli orecchi del Signore onnipotente!
(5,4). Papa Francesco ci insegna così una strada, la strada
dell’ascolto, che si fa via alla solidarietà (cfr n. 187-188). Diventa
condivisione, preghiera reciproca nell’intercessione eucaristica,
cammino insieme. Tanta fiducia, molta pazienza, sguardo nuovo, positivo,
gioioso, fiducioso. E credo, anche nuovo impulso al cammino vocazionale
specifico, nei seminari e nei noviziati. A cominciare dai fidanzati,
nella cui preparazione è decisivo che entri questa tematica educativa: come partecipare all’opera della Creazione attraverso la maturità affettiva. Sarà il lavoro, tanto atteso, di un filone di Workshop.
Per
questo, il convegno pone delle specifiche letture del dramma della
precarietà, sia a livello culturale, con il prof. Savagnone che nel
cuore della vecchia ma onnipresente Europa: "linee di conoscenza ed intervento delle politiche europee in favore dell’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro", a cura della dottoressa Cinzia Masina, sabato mattina.
L’aspetto
culturale risulta infatti decisivo. Conoscere per capire, capire per
progettare. Cioè conoscere bene questo mondo che il papa Francesco ha
racchiuso in un immagine eloquentissima nel suo inatteso e sorprendente
viaggio in Molise, il 5 luglio scorso. Egli, parlando proprio a migliaia
di giovani nel santuario di Castelpetroso, ha utilizzato l’immagine
del
labirinto . Queste le sue parole:
“La società contemporanea e i suoi prevalenti modelli culturali – per esempio, la “cultura del provvisorio” – non offrono un clima favorevole alla formazione di scelte di vita stabili con legami solidi,
costruiti su una roccia d’amore, di responsabilità piuttosto che sulla
sabbia dell’emozione del momento. L’aspirazione all’autonomia
individuale è spinta fino al punto da mettere sempre tutto in
discussione e da spezzare con relativa facilità scelte importanti e
lungamente ponderate, percorsi di vita liberamente intrapresi con
impegno e dedizione. Questo alimenta la superficialità nell’assunzione
delle responsabilità, poiché nel profondo dell’animo esse rischiano di
venir considerate come qualcosa di cui ci si possa comunque liberare.
Oggi scelgo questo, domani scelgo quell’altro… come va il vento vado io;
o quando finisce il mio entusiasmo, la mia voglia, incomincio un’altra
strada… E così si fa questo “girare” la vita, proprio del labirinto.
Ma il cammino non è il labirinto! Quando voi vi trovate a girare in un
labirinto, che prendo di qua, prendo di qua, prendo di qua… fermatevi!
Cercate il filo per uscire dal labirinto; cercate il filo: non si può
bruciare la vita girando.
Tuttavia, cari
giovani, il cuore dell’essere umano aspira a cose grandi, a valori
importanti, ad amicizie profonde, a legami che si irrobustiscono nelle
prove della vita anziché spezzarsi. L’essere umano aspira ad amare e ad
essere amato. Questa è la nostra aspirazione più profonda: amare e
essere amato; e questo, definitivamente. La cultura del provvisorio non
esalta la nostra libertà, ma ci priva del nostro vero destino, delle
mete più vere ed autentiche. E’ una vita a pezzi. E’ triste arrivare a
una certa età, guardare il cammino che abbiamo fatto e trovare che è
stato fatto a pezzi diversi, senza unità, senza definitività: tutto
provvisorio… Non lasciatevi rubare il desiderio di costruire nella
vostra vita cose grandi e solide! E’ questo che vi porta avanti. Non
accontentatevi di piccole mete! Aspirate alla felicità, abbiatene il
coraggio, il coraggio di uscire da voi stessi, di giocare in pienezza il
vostro futuro insieme a Gesù.
Da soli non possiamo farcela.
Di fronte alla pressione degli eventi e delle mode, da soli mai
riusciremo a trovare la via giusta, e se anche la trovassimo, non
avremmo la forza sufficiente per perseverare, per affrontare le salite e
gli ostacoli imprevisti. E qui entra l’invito del Signore Gesù: “Se
vuoi… seguimi”. Ci nvita per accompagnarci nel cammino, non per
sfruttarci, non per farci schiavi, ma per farci liberi. In questa
libertà ci invita per accompagnarci nel cammino. E’ così. Solo insieme con Gesù,
pregandolo e seguendolo troviamo chiarezza di visione e forza di
portarla avanti. Egli ci ama definitivamente, ci ha scelti
definitivamente, si è donato definitivamente a ciascuno di noi. È il
nostro difensore e fratello maggiore e sarà l’unico nostro giudice.
Com’è bello poter affrontare le alterne vicende dell’esistenza in
compagnia di Gesù, avere con noi la sua Persona e il suo messaggio! Egli
non toglie autonomia o libertà; al contrario, irrobustendo la nostra
fragilità, ci permette di essere veramente liberi, liberi di fare il
bene, forti di continuare a farlo, capaci di perdonare e capaci di
chiedere perdono. Questo è Gesù che ci accompagna, così è il Signore!
2. La nostra conversione
Il secondo obiettivo è quella della nostra conversione. Quel grido, infatti, ci cambia, ci provoca, ci mette in crisi. E’ un grido che ci chiede di convertirci.
La precarietà non va vista come una sventura insuperabile, pur nella
sua vasta drammaticità, ma come una provocazione. Un’occasione di
conversione, uno spazio di scelte nuove. La Chiesa, se sapremo
accompagnare i giovani precari, tornerà ad essere più evangelica, come
fece san Francesco, abbracciando il lebbroso. Da lì, da quel abbraccio,
consolidò la sua vocazione. Mostrare Cristo, più che narrarlo!
E’ la grande sfida educativa. Ma i primi a cambiare sono gli adulti:
cambiano i preti che stanno vicino ai giovani; compiono scelte più
coraggiose i genitori che si confrontano con loro; frati e consacrate,
specie in questo anno a loro dedicato, vivono la povertà con cuore più
radicale e solidale perché i giovani precari sono più poveri di loro; i
politici, se ascolteranno questo grido, sapranno impostare una politica
più vera e attenta, più decisa, con un cuore meno attento ai conti e più
fedele ai segni, con un monito alla stessa Europa e con precisi
consigli che potremo dare anche all’onorevole Renzi!
Al
presidente del Consiglio, così impegnato nella riforma del lavoro,
verranno suggerite, credo, diverse proposte, sgorgate dalla tavola
rotonda della mattinata di sabato: “Perché e per che cosa sperare, nella precarietà!”, con qualificati interventi di esperti, a vari livelli.
E
se mi permettete, ne vorrei già da ora suggerire tre, come tre piste,
proposte da valutare bene insieme. Perché non trasformare gli 80 euro in
una forma di aiuto ai più poveri, ai giovani precari, con modalità
amministrative da ben studiare, perché siano di guida e forza agli investimenti
produttivi creati dai giovani e con i giovani. Credo che vada poi
continuato il lavorio educativo nello scuotere i sindacati, ad allargare
sempre più la loro attenzione ai precari, ai giovani disoccupati, nella
logica dell’illuminante testo di papa Benedetto XVI, nella Caritas in veritate, quando scrive: “si
aprano alle nuove prospettive, superando le limitazioni proprie dei
sindacati di categoria, per farsi carico dei nuovi problemi, capaci di
innovative esperienze sindacali, volgendo lo sguardo anche verso i non
iscritti e verso i paesi in via di sviluppo!… (n. 64).
Come
terza pista, mi permetto, come vescovo che ha sempre operato al Sud,
pur essendo della Val di Non, di chiedere una costante crescente
attenzione al Sud, al Mezzogiorno, regione oggi sempre più dimenticata e
perciò più facilmente esposta alla pirateria della malavita
organizzata, in diverse forme. Qui, al sud, si potrebbero costruire,
tutti insieme, come dei grandi laboratori di speranza, utilizzando tutta
una serie di opportunità che il Sud possiede ma che vanno sempre più
valorizzate ed applicate, partendo da un’accresciuta consapevolezza
spirituale e culturale.
3. I laici, attori del cambiamento
Come
terzo obiettivo
poniamo la capacità di cogliere la bellezza di una serie di risposte
già in atto nelle nostre chiese locali, in Italia, a diversi livelli. E’
il posto dato alla concretezza, alla forza del domani imparando
dall’oggi e dalla storia della Chiesa dell’ottocento. D
opo il
dramma della Rivoluzione francese, quella Chiesa, tramite una schiera di
Santi, Fondatori di numerose Congregazioni religiose, che dal basso
ricostruirono le fondamenta della società, su basi di giustizia con un
grande impegno nelle scuole, negli oratori, tra gli artigiani, nella
carità, fino a produrre la Rerum Novarum (1891) che a sua volta ebbe una
feconda ricaduta sociale con le Casse Rurali e il movimento cooperativistico, creando così le basi per la presenza dei Cattolici in Politica, con il partito popolare.
Questo interessante cammino di ieri, ci sia oggi di stimolo e di risorsa. Impariamo da queste grandi figure di fondatori, “contemplativi della Parola e contemplativi del popolo” (E.G. 154).
Da qui le Settimane Sociali,
tempo di grazia, di intuizioni profetiche in corale discernimento, per
cogliere le sfide e indicare risposte per le nostre chiese. Ma tanta
fecondità ha espresso il Progetto Policoro, così ben impostato nella triplice risposta:
-
Formazionee motivazione evangelica al perché si lavora.
-
L’accompagnamento al lavoro, tramite l’esempio di Maestri veri, nel come si lavora.
-
I segni concreti che parlano con i fatti, pur piccoli, come risposta al cosa si lavora.
Questo
è un metodo. Anche perché coinvolge più Commissioni: Caritas – Giovani –
Pastorale sociale. Certo,va allargato, oltre la nicchia. Va cioè
innestato nel quotidiano della nostra pastorale, dalla catechesi alla
cultura e alla politica, davanti alla precarietà.
E’ il grande impegno che ci poniamo nella costruzione di un altro importante laboratorio, che vivremo sabato pomeriggio: partecipi dell’opera della creazione attraverso il lavoro, in parrocchia, a scuola, nella piazza, nel web.
Qui, i
protagonisti di tutto questo lavoro, nella faticosa ma preziosa opera
di costruzione sono i LAICI. Ed ecco, perché la commissione laicato è la
protagonista nella domenica mattina, con una acuta tavola rotonda, partecipatissima, da ben nove associazioni laicali.
E’
un atteso momento di sintesi. Si riprenderanno tutte le proposte
elaborate nei due Workshop. E si parlerà sia alla Chiesa italiana che
alla politica italiana. Con concretezza e audacia.
Questa dunque è la nostra avventura, piena di fascino e di bellezza, in questo bel convegno della Chiesa italiana.
Ci
aiuti la mano di Maria, che ha visitato la cugina Elisabetta in un
serio momento di precarietà, con quello stile che è della Evangelii
Gaudium: Maria si alzò, salutò, sussultò, esclamò, cantò. Cioè un
cuore che obbedisce, entra in ogni ambiente portando Shalom, sussulta
di empatia relazionale, sa ammirare tutti i segni già presenti anche in
un grembo sterile, canta le scelte di Dio, un Dio che disperde i
superbi, rovescia i potenti, manda a mani vuote i ricchi. Ma è lo stesso
Padre che innalza gli umili, ricolma di beni gli affamati, soccorre i
suoi servi. Buon Lavoro a tutti.
padre Giancarlo Bregantini,
Arcivescovo di Campobasso-Bojano
e Presidente della Commissione Episcopale pastorale sociale, lavoro, giustizia e creato.